Il Prof Emigrante – La grande certezza (dal Day 10 al Day 19)

Day 11

Tanta roba disordinata

12/09/2016

Andiamo in ordine cronologico (e un po’ schematico, sono davvero stanco) (…e avvilito)

9.35: Biglietto di Champions in mano: Juventus – Siviglia. Alla faccia dei gufi e del “Ah, ma non si trovan mai quei biglietti“, “E’ tutto inutile, quello stadio è inaccessibile!“.

10.29: Una delle poche colleghe con cui ho scambiato qualche chiacchiera il primo giorno, avente la mia stessa intenzione di tornare a casa al Sud nella precedente settimana di inattività, mi racconta che è stata chiamata telefonicamente martedì scorso per una riunione che si sarebbe tenuta il giovedì. E lei è dovuta partire, spendendo non so quanto di volo aggiuntivo. Mi è andata bene, stavolta. Pagherò questa buona sorte in futuro?

13.30: Inizia la riunione dei dipartimenti. Mi arriva la conferma che avrò il serale (che gioia!). La premessa iniziale della riunione è chiara: “Tutto ciò che verrà stabilito in questa sede non ha effetto per il serale“. Bene, e io che ci sto a fare lì?

14.25: Il concetto di “pranzo”, evidentemente è un’idea superata da queste parti.

14.30: Riunione dei docenti del corso serale: siamo ancora solamente in 4, le classi saranno 6, tutte vicine ai 25 studenti delle nazionalità più disparate. Nella lista fanno capolino un paio di nomi italiani, mi chiedo se questi ultimi siano un errore.

15.50: A fine riunione, un collega proveniente dal centro Italia, che poi scoprirò essere ancora single, nota la fede al dito e mi dice: “Sei sposato? Hai famiglia? E come farai a…“, con seguente sguardo di comprensione, patimento e chissà cos’altro.

16.00: Aver evidenziato l’acquisto del biglietto ai miei nipoti (giovani tifosi incalliti, come e quanto loro padre) ha comportato un cambio di programma nella vita di un’intera famiglia a 1.500 km di distanza: verranno in 5, mi tocca ospitarli – probabilmente PER TERRA – nel nuovo appartamento del quale prenderò possesso di lì a poco e che non ho ancora mai visto dal vivo. Volo a prendere i biglietti anche per loro, in ricevitoria a Venaria Reale. Con la signora della ricevitoria continua il feeling nato al mattino: mi parla per una mezz’ora buona dei suoi ricordi di gioventù trascorsi in vacanza dalle mie parti

17.15: Arrivo puntuale all’appuntamento per prendere possesso della casa. Batteria nel telefono esaurita. Il caricabatterie portatile, in sincrono, scende a zero. Ormai va così. L’ho capito.

18.15: Si presenta, con un leggero ritardo di sessanta (60) minuti il tizio che mi dovrebbe consegnare l’appartamento, chiedendo per strada chi fosse il prof emigrante. Pare fosse a casa da oltre un’ora, ma la figlia, con la quale avevo preso accordi, non mi aveva detto che nome cercare al citofono fra le centinaia disponibili.

18.35: Arriva la consapevolezza che, a differenza dell’albergo, avere a disposizione un’intera casa non fa che accentuare una sensazione di immensa solitudine che vorresti sentire il meno possibile.

19.29: Pago l’ultimo prodotto alla Coop della mia prima spesa da prof emigrato in casa autonoma e mi avvio verso l’uscita. Un minuto dopo suona una specie di sirena che indica la chiusura delle casse. Indipendentemente dalla gente già in fila, i dipendenti si alzano immediatamente dopo aver chiuso il conto aperto al momento della sirena, portando con loro l’incasso. Anziché far scoppiare un sacrosanto putiferio, la gente rimasta in fila va compostamente a riporre i prodotti del carrello esattamente nel posto in cui li hanno presi. Mah.

22.00: I miei genitori-hackers scoprono la videochat di Facebook. Non appena capiscono che devono guardare la telecamera anziché controllare il riquadro in cui si vedono loro stessi, sistemandosi i capelli di continuo, tutto procede a meraviglia.

22.30: Il recupero di campionato non aiuta, ho pure perso al fantacalcio!

22.35: La notizia più importante di giornata. Ne parliamo domani, preferisco farlo a mente lucida.

Il Prof emigrante
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Note:

(…e avvilito)


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