Squid Game – La mia recensione

ce n'è ancora una...

L’hanno vista in molti, ne hanno parlato tutti.
Vista l’ampia differenza fra il molti e il tutti, che come sempre in Italia si attesta a un buon 70%, perché non parlarne anche io?


Partiamo dalla fine di questo post che sto per scrivere: si, dovreste vederla.

Dopo di ciò, una doverosa contestualizzazione: l’ho vista tutta con mia figlia quindicenne, dopo che LEI ha sconfitto le MIE resistenze al vedere una serie in coreano con i sottotitoli. Controindicazione, dopo la fine le ho parlato in coreano per una settimana intera portandola allo sfinimento e, persino tuttora, nei dialoghi in famiglia, mi scappa qualche espressione nel colorito idioma (del genere: “yo-woooo tse-tooooo ya-vé wo!“).  Con il fratellino dodicenne, la sorella maggiore in un impeto di responsabilità è stata categorica “No, non sei ancora pronto“.

E, alla fine di questa lunga premessa, un doveroso avviso.


>>>>>>>>>>>SPOILER da qui in avanti<<<<<<<<<


Se non l’avete ancora vista e avete intenzione di vederla, fermatevi qui.


OK. Cosa diamine ho visto?

Ho visto una serie fatta discretamente bene, non certo un capolavoro assoluto, ma nemmeno come ho letto in alcuni commenti sulla rete la trasposizione in forma di show televisivo della volontà luciferina di deviare i nostri giovani dalla via delle virtù.

Del resto, per noi (ex) giovani degli anni ’90 la trama non è nemmeno una novità. Quanto tempo abbiamo trascorso nel vedere “Mai dire Banzai” (Takeshi Castle), in cui le dinamiche del gioco erano esattamente le stesse? C’era il Frontman (che la Gialappa’s chiamava Generale Putzerstofen), il Chairman (il pupazzone Mashiro Tamigi), le guardie mascherate che non si sa cosa facessero ai concorrenti eliminati ed una storia pressoché simile a quella dello Squid Game.

L’indimenticabile Generale Putzerstofen

Certo, l’eliminazione in quel caso aveva una valenza meno… irreversibile. Ma è una storia e nelle storie bisogna spingersi oltre la normalità, altrimenti a chi interesserebbero?

Un prodotto televisivo discreto, vi dicevo, con parecchi alti e bassi.

Fra i bassi, metto la lentissima seconda puntata dedicata alla costruzione dei personaggi, alcune situazioni gestite con superficialità  (il rapporto fra il poliziotto e il frontman, la non necessaria storyline del traffico d’organi, l’eliminazione della ragazza dovuta ad uno show di fine gioco), ma anche l’intera ultima puntata con il gioco decisivo in fondo deludente rispetto a tutto ciò che lo ha preceduto e la gestione di quello che doveva essere il vero plot-twist finale, ovvero il ruolo di 001).

Ad esempio, lui potrebbe essere candidato agli Emmy come personaggio sviluppato peggio (se la giocherebbe – alla pari – con Snoke)

Fra gli alti, invece, sicuramente va registrata la tensione che sono riusciti a tenere alta per tutta l’intera serie riguardo il gioco e i giocatori. Si tratta di quel quid che ti porta a voler iniziare la puntata successiva subito dopo la fine di quella che stai guardando. Se una serie ti “prende”, in fondo, lo vedi soprattutto da qui.

Sugli altissimi, infine, la puntata 6, le ormai famose biglie, da cui ho preso la foto della copertina. La definirei semplicemente magistrale. Tutte le storie, di ogni singola coppia coinvolta, hanno trasferito il peso del momento sullo spettatore, lasciandoci star male, male, male, male (e facendo piangere mia figlia per ore) (non ditele che l’ho scritto) (va da sé che i sentimenti in adolescenza sono amplificati, però… mamma mia, che botta che ha preso!). Una singola puntata capolavoro che, da sola, vale il canone di Netflix.

 

 

Botta n.1
Botta n. 2
Botta n. 3

Allontanandosi un attimo dai tecnicismi e dalla trama, va detto che il messaggio principale della serie è un colpo forte e spietato, di quelli che, per quanto possiamo cercare di nasconderla, ammette una pura, semplice e dolorosa verità: l’uomo – la maggior parte degli uomini, quantomeno – è un essere meschino,  messo alle strette penserà solo a sé stesso cercando di ottenere un vantaggio a spese del prossimo, molto spesso indipendentemente da quanto vicino questi sia o quanto bene si sia comportato con te. In questo contesto l’uomo buono che crede nella buona fede del suo prossimo, rappresentato qui dal pakistano, è destinato inesorabilmente a perdere.

Basta pensare ad un personaggio minore, apparso praticamente solo in una puntata, che ne rappresenta in pieno l’essenza: il vetraio nel gioco del ponte, che aspetta l’eliminazione della maggior parte dei concorrenti prima di rendere note le sue abilità.

“Uno, Nessuno e Centomila”, Korean Version, 2021

Anche il più umano dei personaggi, il nostro protagonista, cederà al suo (ehm…) lato oscuro di fronte alla paura di morire e mentirà al vecchio su quell’ultima biglia, accettando di portare con sé il peso dell’inganno perpetrato.


Così appena spegni la TV a fine serie, ti resta quel vago sapore di amaro in bocca. Quello del quale puoi (e devi) discutere con tua figlia, per analizzare e comprendere ciò che insieme avete visto.

Avrebbe potuto vederlo da sola? Forse. A 15 anni sai distinguere il contesto televisivo dalla realtà; per intenderci, non uccidi il compagno che ha diviso male la merendina con te. E il pacifico 1-2-3 Stella non si trasforma in una carneficina.

Certo, magari non sei prontissimo a gestirne le mille sfaccettature legate all’emotività (come me, che da padre, non sono stato prontissimo a vedere le 1,5 scene di sesso presenti nello show con lei senza mettermi a fare l’idiota), ma credo si possa vedere tranquillamente.

Netflix ha imposto il divieto ai minori di 14 anni. Lo trovo giusto; non credo, infatti, che dei dodicenni siano pronti a comprendere il messaggio e la loro mente priva di schemi comportamentali definiti resterebbe più facilmente colpita dall’associazione “se vinci vivi, se perdi muori“, generando emulazione e una forte distorsione dalla realtà.

La colpa non è dei ragazzi, curiosi per natura.

C’è il Parental Control su Netflix per impedire che lo vedano

Ci dovrebbe essere anche una famiglia che si occupi di attivarlo, prima di chiedere la messa al bando di contenuti ai quali non dovrebbero poter accedere.

Un po’ di attenzione in più da parte di chi è maggiormente responsabile, benché sulla carta, risolverebbe tanto, tanto, tanto.

Ma, come ho detto al principio, in sintesi estrema:
Vedetelo.

Si, ne vale la pena!

Si, anche se io faccio una brutta (e stupida) fine

BttB


RINGRAZIAMENTI e DISCLAIMER

Grazie a mia figlia maggiore, che mi ha obbligato a vederlo prima di quanto lo avrei fatto io autonomamente.

Grazie a mia moglie, che non ci ha buttati fuori di casa vedendoci ehm… commossi intorno alle due del mattino e l’indomani ci sarebbe stata scuola per entrambi (padre e figlia)

Grazie a mio figlio minore, che ha reagito al divieto della sorella semplicemente con un “ok, torno a giocare”

Chiedo scusa a chi risconterà in questa recensione una visione banale e superficiale della storia, per di più anche  molto io-centrica, ma in fondo, essendo questo un blog personale dovreste anche permettermelo.

Come scrivo spesso nei miei articoli – accidenti, l’ho fatto anche stavolta, devo essere ai limiti dell’ossessione -, il tempo è la risorsa più preziosa che abbiamo. Grazie per averne dedicato un po’ del tuo ai miei pensieri.

Ovviamente le immagini sono prese dalla rete. Se dovessi aver leso qualsivoglia diritto di autore, provvederò a rimuoverle e sostituirle istantaneamente.

IMPORTANTE: a chi scrive, soprattutto a chi non è un professionista come me, fa sempre piacere ricevere un feedback dai propri lettori, anche occasionali. Lasciate pure un commento qui sul blog, non importa se positivo o negativo, un “mi piace“, un “fa schifo“… un qualunque segno del vostro passaggio sarà sempre gradito.


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BackToTheBlog, 05/11/2021

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