Day 71
Io e gli scioperi (o meglio… io e lo sciopero del 12 Novembre)
11/11/2018
Partiamo con un aneddoto. Da piccolissimo non vedevo l’ora di andare alle superiori per diversi motivi, ma devo dire che il maggiore fascino era esercitato dalle narrazioni di mia sorella maggiore che già frequentava il Liceo Scientifico dove sarei andato io. Questi racconti si incentravano spesso sulle gite all’estero e… sulle tante giornate di sciopero!
Scioperi che in realtà, una volta dentro, ho scoperto legati ad elementi abbastanza concreti: i termosifoni che non venivano accesi se prima non arrivava il freddo polare (in Sicilia), altre scuole che si accorpavano alla nostra e cercavano di rubarci le aule, il posteggio negato ai motorini degli studenti e tanti piccoli problemi che, negli ultimi anni di Liceo, ci hanno portato alla famigerata “occupazione dell’istituto“.
(l’occupazione meriterebbe un capitolo a parte: un mese di lezioni che saltavano, il poter dormire con i sacchi a pelo nelle classi, i campionati di “fazzoletto” nei corridoi, le compagne di classe che finalmente me la… vabbè, no, quest’ultima cosa credo di averla solamente sognata)
Devo dire che da studente non ricordo particolari connotazioni politiche scatenanti, ma probabilmente perché ero abbastanza disinteressato. A 17 anni capita, all’università poi sarei stato un po’ più sveglio.
Poi sono finito dall’altra parte della cattedra e sono anche cresciuto.
Ho vissuto abbastanza per farmi una pessima idea dei sindacati che, non so per quale strana magia, andavano sempre compatti nella direzione opposta a quello che serviva a me.
Da precario, favorivano solo chi era di ruolo; da docente di una paritaria, ci trattavano come rifiuti della società scolastica; da docente di una disciplina “sfortunata”, non hanno mai mosso un dito a nostro favore, scegliendo sempre di appoggiare le Classi di Concorso più numerose; quando il ruolo si è avvicinato con la 107, hanno messo i bastoni fra le ruote in tutti i modi al piano assunzionale; quando ho preso il ruolo, tutti quelli che lo hanno preso con me – che da 13 anni spendevo energie nelle aule di tutta la provincia – erano diventati “L’abominevole frutto delle assunzioni della Buona Scuola”, “i docenti presi dalla strada e messi in classe senza un minimo di esperienza”, “Quelli che hanno preso il ruolo grazie ad Agnese”; da docente di ruolo in attesa di trasferimento, hanno pressato per abbassarne le aliquote; da aspirante alla mobilità, contrattano per mettere blocchi triennali in ogni dove.
Capirete che la mia fiducia in loro nel tempo si è ridotta ai minimi termini. Non ho mai partecipato ad uno sciopero da docente – non certo per la decurtazione dello stipendio – e ne vado fiero.
Poi, però, c’è questo 12 Novembre. Un sindacato, ULM Scuola, arrivato da poco o che quantomeno poco si era fatto notare in precedenza, decide di sposare la causa dei docenti fuori sede, trasferiti, “esiliati e immobilizzati“, “vittime dell’algoritmo” per chiedere un piano di rientro immediato.
Non male, a prima vista. Finalmente un sindacato che vuole fare qualcosa “per me“.
Non sono nato ieri, però. Gli immobilizzati ci sono da tantissimo tempo, probabilmente si è semplicemente ingrossata la schiera con le nuove assunzioni del 2015 e all’interno di questo sindacato hanno visto l’opportunità di fare una buona dose di nuovi iscritti sposando la causa di una fetta di mercato delusa e fortemente trascurata dai fratelli maggiori.
Ricordate il primo post del Prof Emigrante in assoluto, 3 anni fa? Spiegava proprio come il mio trasferimento sia stato frutto di una mia scelta consapevole – l’adesione alla 107 – che comportava dei rischi. Quel giorno ho sbagliato i calcoli di pochissimo, ho mancato il posto in provincia l’anno successivo per un nulla e, scusate il francesismo, l’ho clamorosamente presa in quel posto, pagandone ogni giorno le conseguenze fino ad oggi e per chissà quanto tempo ancora; schiumando di rabbia sapendo che negli ultimi due anni è entrata in ruolo dalle stesse Gae da cui sono sparito io, nella mia classe di concorso nella mia provincia, gente che aveva un quinto dei miei punti.
Però… nonostante mi fidi poco/nulla della categoria dei sindacalisti, specialmente quando utilizza toni simili al “deportati” allo scopo di suscitare indignazione – quando le regole del gioco “Buona Scuola” se ti eri sufficientemente ben informato (o non abboccavi a follie che spesso mettevano in giro proprio i sindacati, tipo la paventata chiusura delle GAE) erano abbastanza chiare – se oggi un sindacato dice di voler lottare per portarmi a lavorare vicino casa, a far tornare la vita mia e della mia famiglia “normale”… Ben venga, sarò con loro, in piazza.
Soprattutto, il 12 Novembre, lunedì prossimo, più che con il sindacato, sarò con i miei colleghi.
Sarò lì per cercare di smuovere qualcosa, per far sentire la nostra voce; per far capire a chi decide che una risorsa non è tale se non è messa in condizioni di lavorare serenamente; per urlare che non è normale che il trasferimento ci venga ostacolato per favorire nuove immissioni con nuovi concorsi laddove si è già in esubero; per stimolare la riflessione verso una soluzione che ci aiuti in qualunque modo (anche perché peggio di così è dura); per lottare contro tutto l’odio che ci riversano sopra i nostri stessi colleghi sui social, con un cinismo raccapricciante, solo perché abbiamo fatto una scelta in passato che loro non hanno condiviso senza minimamente conoscere le ragioni che ci sono state alla base di essa.
Io ci sarò, ci sarei stato anche da Torino.
Spero ci sarete anche voi.
E se non potrete esserci fisicamente, spero che aderirete allo sciopero per noi.
Il prof emigrante!
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Note
1) Accidenti, ho scritto più di quanto pensassi
2) Non ho messo, come sempre, connotazioni politiche. Però da qualche parte avrei dovuto inserire le mie false speranze nella Lega. Il desiderio che, fomentati dal loro atavico odio verso i meridionali, trovassero un modo per liberare le loro cattedre padane da questi docenti “impuri” rispedendoci in qualche modo a casa. Non sono stati buoni neanche in questo.
3) AccidentiBis, forse la nota 2 aveva una minima connotazione politica.
4) In realtà, l’aneddoto di cui vi volevo parlare inizialmente riguardava un giorno di sciopero al primo anno delle superiori: il mio migliore amico che entrava in aula semi-costretto dal padre, unico o quasi in tutta la scuola, e la prof di lettere che si è vendicata interrogandolo su tutto il programma di italiano, storia e latino e rifilandogli un bel 8, ma inteso come somma dei voti nelle tre discipline.
Il prof emigrante
Continua nel Day 76 – Questione di fiducia