Il Prof Emigrante – Anno IV – Epilogo

Day 0-5

Una lunga storia – Parte III

05/09/2019

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Day 4, 04/09/2019 pomeriggio sera – cronologia

14.25 Sono ancora sul letto della stanza in affitto. Mi giro e mi rigiro, non ho alcuna voglia di riprendere le serie TV abbandonate per l’estate e mi soffermo su un anime (si, il nome con cui i vostri figli chiamano oggi i cartoni animati giapponesi) che avevo già visto solo in forma sottotitolata oltre dieci anni fa. In fondo, devo ingannare solamente il tempo. fino alle 16.30

14.30 Arriva un messaggio sul gestore delle pagine fb da parte di uno di voi proffollowers, Calogero Strazzanti. Lo guarderò dopo, capita che alcuni di voi mi scrivano in privato e la cosa mi fa sempre un grande piacere.

15.20 esco e vado a fare bancomat, se nell’apericena si opterà per la conferma, potrei dover pagare il primo mese. Con 350€ trattabili, una sistemazione più che dignitosa, leggermente migliore della precedente nel Lazio, ma lontana dalla comodità dell’appartamento di Torino (che naturalmente è costato parecchio di più).

15.25 Prima di risalire in macchina, leggo il messaggio: tre bottiglie di spumante e il testo “Si torna alla normalità“. Non è un proffollower dei più assidui, quanto a like e commenti, magari avrà letto del trasferimento e si starà congratulando. Conosce da tempo la mia identità reale, in fondo basta perderci appena un po’ di tempo.
Ne sono ovviamente contento, vi voglio bene, lo sapete. Rispondo con cordialità: “Normalità è un parolone, sono tutt’ora in una stanza d’albergo di una città lontana“. Procedo con il mio tour.

16.00 Appuntamento nella villetta fuori città, il tizio si fa attendere.

16.10 Chiamo l’agenzia immobiliare (così, giusto per non chiudere tutte le porte, ho provato anche questa strada) per dire loro che l’appuntamento fissato per le 16.30 mi avrebbe visto in ritardo. Spero me lo annullino. Non ho più voglia di vedere altro, in fondo ho già deciso e poi la signorina (una tizia molto poco fine che fumava dentro lo studio) era veramente disdicevole, fonte di sensazioni estremamente negative. Niente da fare, appuntamento confermato alle 17.00

16.25 Esco dalla villetta con un amaro sorriso. Il signore avrebbe voluto che condividessi l’intero appartamento con l’anziana madre, in modalità “se per caso mia madre dovesse star male, ci contatti“. Rido fra me e me. La figura del badante part time era una grave lacuna nel mio CV. Mi rimetto in auto

16.28 Notifica al cellulare. Calogero mi manda una immagine. Saranno i soliti gattini del buon pomeriggio? No, credo di no. Al primo stop, mi prendo un po’ di tempo per guardare di che si tratta. Un tabulato.

16.29 La macchina dietro strombazza. Devo uscire dall’incrocio, mi getto in una stradina laterale. Apro l’immagine. Leggo il mio nome. Inchiodo, la macchina si spegne e il motore nel suo linguaggio di borbottii e ingolfamenti mi manda a quel paese.

16.30 Leggo il titolo del tabulato. Mi si gela il sangue: varie “C.C. UTIL E ASS.PROVV.xls”. C’è il mio nome. Assegnazione provvisoria. Il mio nome. Provincia di Catania.

16.31 Realizzo. Leggo la sede. Inizio ad urlare.

16.33 Sto ancora urlando. Sono sceso dalla macchina, lasciata in mezzo alla strada con lo sportello aperto, e sto camminando in cerchio in un campo di non so cosa.

16.34 Calogero incalza: “E’ lontano?“. Io urlo e basta.

16.40 Non riesco a mettere in moto la macchina, non so dove infilare la chiave. Ce l’ho da quasi 10 anni e non sapevo dove infilare la chiave per metterla in moto.

16.41 Un barlume di lucidità, chiamo l’agenzia e annullo l’appuntamento. Non so che cosa ho detto e come l’ho detto. Ricordo la signorina, che in quel momento aveva assunto le sembianze di una fata, chiedermi a fine telefonata: “Scusa, ma ti senti bene?

16.48 Torno di corsa verso la stanza. Rischio un paio di collisioni e prendo altrettanti sensi vietati. Devo vederlo con i miei occhi, su un computer, devo verificare l’attendibilità del sito, devo rendermene conto. E se fosse tutto uno scherzo di pessimo gusto?

16.50 Lascio l’auto sotto casa, dribblo il cagnolone, salgo le scale di corsa. Non mi fermo neanche a guardare Stacy. Il computer è ancora acceso. Mi fermo un secondo, non voglio guardare. Sento di dover andare in bagno.

16.52 Scrivo una serie di confusi messaggi a Calogero, molti dei quali sono “Sto sognando” e “Sei il mio migliore amico“.

16.53 Mi risponde, immagino sorridendo: “fai le valigie e torna a casa!

16.55 E’ tutto vero. Assegnazione provvisoria. C’è il mio nome. Lo dico per la prima volta ad alta voce, a me stesso: “Torno a casa!

16.56 Finora lo sappiamo solo io, Calogero, il tizio dell’USP e gli altri docenti che a differenza di me non avevano mai smesso di consultare maniacalmente il sito. Devo dirlo a Lei e a Loro.

16.57.25 Videochiamata: per un caso fortuito trovo Lei, Loro e mio padre tutti insieme a casa mia. Le dico “Siediti, per favore, ti devo dire una cosa“. Lei, ovviamente, si preoccupa.

16.57.40 Prima che inizi a parlare, cade la linea. A CasaEst c’è un temporale e salta la corrente. Tempismo perfetto.

16.59 Provo a rivideochiamare i 3 cellulari presenti per tre minuti: nulla. Chiamo il buon vecchio telefono di casa: li trovo allarmati. Mi mettono in viva voce. Non riesco a dirlo. Trovo il coraggio, pian piano e le dico solamente: “Mary, torno a casa! Mi hanno dato l’assegnazione provvisoria! Faccio le valigie e torno! Stasera!

Dall’altra parte, un urlo, due tre, quattro. Mio padre inizia a battere le manone, loro saltano e ballano, Lei… immaginate un po’ voi.
La linea è ancora disturbata, ma il messaggio è arrivato.

17.10 La stanza è già sgomberata, le valigie sono chiuse, ogni cosa è apparentemente al suo posto. Faccio altre tre telefonate: mia sorella, lo zio palermitano e i miei cugini del “paesazzo” che sono stati estremamente squisiti nei tre giorni in cui ho vissuto lì.

17.11 Scendo le scale, saluto Stacy che non esita a mandarmi un ultimo inequivocabile messaggio nel suo abito verde e con i suoi occhi di ghiaccio iniettati di sangue (foto nei commenti). Saluto quell’enorme labrador che stava sempre in mezzo ai… agli scalini. Lo abbraccio, nonostante sia un bestione con cui non ho la dovuta confidenza. Stranamente non ha provato a staccarmi l’orecchio.

17.12 Carico la mia roba in auto, chiamo i proprietari dell’affittacamere. Non affronto neanche il problema delle due notti già pagate e non ancora trascorse. CHISSENEFREGA! Torno a casa!

17.13 Si parte. Urlando ancora.

17.20 Passo da scuola, non c’è più nessuno, e prendo istintivamente l’autostrada, nonostante fosse la via più lunga.

17.25 Inizia il viaggio di ritorno. Lo passo al telefono, con l’auricolare, chiamo e sento un sacco di gente. Avrò chiamato Lei 5 volte, amici, parenti, colleghi. Anche qualche messaggio di troppo nelle chat numerose. Io, che normalmente parlo al telefono solo sotto tortura.

E naturalmente penso.

Penso agli anni trascorsi fuori, alle esperienze vissute, alle persone che ho conosciuto, a quanto mi sono arricchito con questa esperienza.

So bene che l’incarico in assegnazione è annuale e l’anno prossimo presumibilmente dovrò ripartire, ma forse in fondo è un segnale che questa vita (d.m.) “sta finendo“.

Penso persino a ciò che non ho potuto fare/vedere/conoscere lì nella costa Ovest. Certo, so bene quello che perdo è ampiamente bilanciato da ciò che ritroverò. Resta questa piccola nota di amaro in una notizia estremamente lieta.

D’altra parte, nel tragitto penso anche e soprattutto a quanto mi sono perso in questi anni lontano da casa, nonostante abbia cercato di fare il possibile per non essere assente: le medie di mia figlia, la crescita del più piccolo, l’aiuto che non ho potuto dare a Lei, gli ultimi anni di mia madre.

Penso anche a voi, proffollowers, soprattutto a chi è ancora lontano da casa. Tornando alla mia, sento di tradirvi.

20.30 Arrivo a casa. Mi fermo all’ultima curva, prima di azionare il cancello automatico. Guardo il display, leggo l’ultimo messaggio di Calogero, colpevolmente dimenticato nell’euforia successiva alla scoperta:

“Ci hai tenuto compagnia in questi anni, la tua storia è stata la nostra storia!”

L’euforia lascia spazio agli occhi lucidi.

E’ (temporaneamente) finita.

Si apre il cancello.

Tutti lì fuori ad aspettarmi.

Sono tornato.
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Il prof emigrante

 


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