Day 0-5
Una lunga storia – Epilogo
05/09/2019
Entro timidamente nella cittadina agricola che farà da sfondo alle avventure di quest’anno.
Stanno abbattendo un ponte alle porte del paese, cerco di vederlo come una metafora da poter associare al mio percorso lavorativo recente.
Non ne ho il tempo, purtroppo, perché un indigeno mi strombazza superandomi a destra e passando agevolmente DENTRO i segnali di rotonda messi per delimitare il cantiere.
Poche centinaia di metri dopo, attraversando uno stradone rettilineo lunghissimo che visto dall’alto mi ricorda il Corso Francia, la strada lunga 15km che da Piazza Statuto in centro a Torino mi portava al Castello di Rivoli, resto bloccato dietro la stessa auto che procede lentamente a zigzag.
Non posso superarla. D’un tratto, un timido braccino pelosetto esce dal finestrino e lascia cadere al centro della carreggiata un pacchetto vuoto di sigarette.
L’istinto maledetto mi fa suonare il clacson in segno di rimprovero. Il tizio accosta. Mi lascia passare e mi guarda. Mi guarda anche passare oltre, tirando fuori la testa dal finestrino per non farsi sfuggire marca, modello e targa dell’automobile.
Ricordo ancora le parole dei primi giorni nel Lazio, quando cercavo un alloggio con posteggio perché… non si sa mai. La gente, però mi rispondeva serena: “cosa vuoi che succeda a Subiaco?”
Supero il cartello di benvenuto. Il paese di servizio, nel quale non sono mai stato prima e del quale non ho mai sentito un solo motivo per andarci come turista o passante occasionale, mi accoglie con le sue viuzze e strade laterali, quasi come una scacchiera.
Nonostante sia già stato schedato da almeno un malavitoso locale, guardo con gli occhi curiosi che mi contraddistinguono l’ambiente nuovo che mi circonda.
Finché non sento da un balcone una signora che urla: FERMO!!!!
Mi chiedo cosa voglia, dato che era evidente che si stesse rivolgendo proprio a me.
Mi indica la strada di fronte a me, non vedo nulla. Proseguo, piano.
Urla di nuovo, più forte: “Si fermi!“, e poi dice in dialetto alla signora del balcone di fronte: “forse è straniero…“.
Guardo meglio e visualizzo attimi di dramma. La strada improvvisamente, senza neanche mezzo segnale di avviso o pericolo, diventava una scalinata e io ero già arrivato ad un metro e mezzo dal primo gradino.
Se il buongiorno si vede dal mattino, anche quest’anno ci sarà da divertirsi.
Il prof itinerante.
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NOTE
(Modalità survivor on)
Già, non sono più “emigrante“, bensì, da adesso in poi, semplicemente “itinerante“. Va bene così, ma… Per chissà quanto tempo ancora?
…E non posso che pensare a quell’ultimo saluto di Stacy